Il criterio del costo nella stima immobiliare 2

Parte seconda
Aspetti o criteri economici e metodi di stima

Come noto la teoria estimativa italiana rileva come ogni quesito di stima si risolva ricercando l’entità di un particolare valore economico, indicato come aspetto economico (Di Cocco 1974), questo costituisce “la lente economica”, l’angolo prospettico attraverso il quale il perito guarda il bene. Coerentemente con il carattere soggettivo del valore, condizionato dallo scopo della stima, l’aspetto economico o criterio di stima (Gallerani, Zanni e Viaggi 2004) indica quindi un modello o schema generale da seguire per lo svolgimento della perizia.

Tra i sei aspetti economici o criteri di stima figura il valore di costo, quale somma delle spese che un imprenditore puro deve o dovrebbe sostenere per realizzare un dato prodotto o per produrre un certo bene (Michieli 2002). Il riferimento all’imprenditore puro consegue al fatto che devono essere conteggiati tutti i costi, sia quelli espliciti (connessi con l’utilizzo di fattori produttivi acquistati sul mercato), che quelli impliciti (corrispondenti ai mancati redditi che l’imprenditore viene a subire per tutte le prestazioni di capitale e lavoro immesse nel processo produttivo dallo stesso imprenditore). In definitiva il costo di produzione è l’esborso monetario che viene sostenuto per acquisire tutte le risorse necessarie all’esercizio dell’attività produttiva.

La letteratura estimativa definisce altresì il concetto di costo di ricostruzione, quale somma delle spese necessarie al momento della stima per costruire o produrre un dato bene considerato come già esistente a tale data (Di Cocco 1974). È quindi il valore per la produzione di un bene preesistente con le tecniche ed i prezzi correnti al momento di stima.

L’utilizzo del criterio di costo nelle stime risponde a diverse circostanze operative, ad esempio e tipicamente le stime per danno, si pensi a riguardo alle indennità coperte da garanzia assicurativa, oppure nella determinazione dei costi per opere e lavori, come nel settore edile, con il noto computo metrico estimativo.

Definito l’obiettivo della valutazione (il particolare valore oggetto di interesse), il metodo di stima ne costituisce la procedura risolutiva. La letteratura estimativa a riguardo offre classificazioni non del tutto convergenti. Ad esempio, secondo il Serpieri, la procedura di stima può ascriversi a modalità sintetiche (diretta) o analitiche (per capitalizzazione) (Serpieri 1917). Il Di Cocco (1974) distingue invece procedimenti:

  • sintetici, si avvalgono di un unico dato, escludono qualunque procedimento di calcolo;
  • per valori unitari o tipici, si avvalgono di valori o coefficienti unitari appartenenti alla stessa categoria economica del giudizio ricercato. Il bene da stimare può essere scisso in due o più parti ritenute omogenee, a ciascuna delle quali si attribuisce un valore proprio;
  • razionali, i procedimenti razionali intendono giungere al giudizio di stima ripetendo la genesi del valore ricercato.

Più recentemente Gallerani rileva procedimenti (Gallerani 2004):

  • sommari, ad esempio, si stima a corpo il fabbricato in euro 150.000,00
  • sintetici, che presuppongo un conteggio elementare (ad esempio consistenza m2 100, costo unitario euro/m2 1.200,00, costo totale euro 120.000,00);
  • analitici, si procede alla stima del costo analizzando le singole fasi costruttive.

La non univoca nomenclatura dei metodi di stima non pare una lacuna scientifica rilevante, infatti come osservato dal Polelli, “la classificazione dei procedimenti di stima risulta priva di alcun fondamento concettuale, comunque ascrivibile alle categorie sintetico o analitica a seconda della complessità dei calcoli” (Polelli 2008).

Appare così di estrema attualità il pensiero del Medici sull’unicità del metodo di stima “che tutti li ricomprende ed esaurisce, articolato nella definizione della scala dei prezzi (il campione di beni simili di valore noto) e nell’inserimento in essa del bene da stimare” (Medici 1971).

Il procedimento di stima è da intendersi quindi come concettualmente unico, fondato sulla comparazione tra il bene in disamina ed un campione di cui siano noti i valori ricercati. La modalità di esplicitazione del confronto può risultare estremamente semplice, come nel caso di una semplice stima a vista, o decisamente più articolata e complessa, nella raccolta dei dati, nella definizione dei parametri di confronto, nel modello di elaborazione dei dati raccolti.

La classificazione dei procedimenti di stima in base al grado di complessità, pur non trovando un fondamento concettuale certo e nemmeno unico criterio classificatorio, pare ricondursi ad esigenze d’ordine prettamente professionali e commerciali e non di ordine metodologico o scientifico. Infatti, la tariffazione applicata dal perito per il calcolo delle proprie competenze, sovente fa riferimento alla tipologia di pro- cedimento utilizzato. A titolo esemplificativo il decreto ministeriale 30.05.2002, “Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici per le operazioni su disposizioni dell’autorità giudiziaria”, commisura la parcella ad un valore percentuale sull’importo stimato, ridotto alla metà nel caso di perizia sommaria. La graduazione del compenso professionale, dovuto per l’attività peritale in funzione del procedi- mento, trova applicazione anche nei tariffari (sia pur ormai abrogati dal “decreto Bersani”) previsti dagli ordini degli agronomi, dove la stima viene differenziata sulla base di un contenuto metodologico basso, medio ed elevato (D.M. 14 maggio 1991, n. 232). E ancora, il tariffario degli architetti e degli ingegneri distingue perizie particolareggiare e sommarie (L. 2.03.1949 n. 143), mentre quello dei geometri distingue perizia analitica, sommaria ed il giudizio di stima (L. 02.03.1949 n. 144).

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